La storia dell'Abbazia S.Maria di Pulsano

Instaurata sul colle di Pulsano nel VI secolo per opera del monaco-papa San Gregorio Magno, l’abbazia, con i suoi eremi circostanti, è stata sino ad oggi – con alterne vicende storiche – luogo di monaci, anacoreti e cenobiti, orientali e latini.

Dopo il primo insediamento dei monaci di S. Equizio, legato alla famiglia Anicia cui S. Gregorio Magno apparteneva, l’originario monastero eremo passò, per un breve periodo, a ridosso del X secolo, sotto la giurisdizione cluniacense. Distrutto successivamente da incursioni saracene, agli inizi del XII secolo fu ricostruito ad opera di San Giovanni da  Matera, pellegrino al celebre santuario micaelico di Monte Sant’Angelo, ove “una donna, degnissima di venerazione per l’aspetto di serena pietà, con la mano gli indicò dove dovesse andare per edificare una chiesa”: è la Madre di Dio – secondo il canone iconografico – odigitria, “colei che indica la via”, la perpetua custode di Pulsano, che in seguito sarebbe sempre stata venerata con grandissima devozione dalle popolazioni locali, anche nei periodi di abbandono da parte dei monaci.

Dall’austera testimonianza di vita di San Giovanni Abate scaturì una famiglia monastica autonoma, l’Ordine degli Eremiti Pulsanesi, dettianche gli “Scalzi”, i quali rifacendosi rigidamente alla regola di San Benedetto e alla tradizione monastica orientale già presente in tutta il meridione, ebbero in questo monastero garganico e nei suoi eremi la loro Casa Madre, da cui dipesero circa 40 monasteri, sparsi non solo in Puglia ma anche in Italia centrale e settentrionale e persino oltre l’Adriatico. Fra il XIV e il  XV secolo l’Ordine pulsanense si estinse e l’abbazia fu custodita da monaci cistercensi, a frati domenicani e francescani, e infine monaci celestini, che furono presenti stabilmente su questo colle fino alla soppressione murattiana del 1809. Il complesso monasteriale fu affidato in  seguito dal Demanio borbonico ad alcuni sacerdoti diocesani che lo gestirono fino al 1969, anno in cui fu definitivamente abbandonato e in cui cominciò un processo di grave depauperamento artistico dell’abbazia, a causa di furti di ignoti e atti vandalici. In questo luogo, per secoli, santi uomini alla sequela radicale di Cristo si dedicarono totalmente alla contemplazione e all’ascesi, nella vita cenobitica e specialmente in quella eremitica: sopra questi spuntoni rocciosi e in queste valli, vero santo deserto monastico, oltre all’abbazia sono disseminati ben 24 eremi con celle e luoghi di culto e di lavoro, alcuni persino affrescati, collegati tra loro da una rete di stradine e sentieri scoscesi, purtroppo anch’essi in stato di semiabbandono.

Ma dal 1990, grazie all’opera del volontariato prima, e successivamente dei monaci, qui di nuovo presenti dal 1997, l’abbazia è oggi rinata a nuova vita.

Cronologia

Secolo III a.C: Le prime tracce della località garganica di Pulsano risalgono ai tempi di Annibale; infatti è noto che questi soggiornò in Puglia occupandola dopo la vittoria di Canne e nella prosecuzione della guerra contro Roma. Secondo alcuni storiografi il generale cartaginese si recò spesso nella zona di Siponto e specialmente a Pulsano, ove fece erigere una robusta costruzione quadrata ancora oggi detta “Torre di Annibale”.

Secolo V: A pochi chilometri di distanza dal colle di Pulsano, l’apparizione di S. Michele Arcangelo in un antro roccioso al vescovo di Siponto S. Lorenzo Maiorano sconvolge l’Europa e consacra il luogo come meta di pellegrinaggi che perdurano con piena devozione a tutt’oggi. 

Secolo VI: Fondazione sul colle di Pulsano, ove erano ancora gli ultimi avanzi del paganesimo sul Gargano, di un luogo destinato ad eremiti oranti ad opera di S. Gregorio Magno, che lo affida ai monaci Sant’Equizio.

Anno 912 ca.: Presenza dei Cluniacensi invitati da Walfredo, primo Vescovo dell’unificata diocesi di Benevento-Siponto.

Anno 1000: Abate è S. Odilone di Cluny che moltiplica ed arricchisce consistentemente le costruzioni monastiche. In 55 anni di egumenato fa passare da 37 a 6 5 il numero delle case dipendenti di Cluny, tra cui appunto Pulsano. Pieno di risvolti e di avvenimenti ancora poco conosciuti è il periodo di dipendenza di Pulsano da Cluny, per cui sarebbe auspicabile ed interessante approfondire le ricerche storiche nell’immenso archivio della grandiosa abbazia francese ove sono custoditi molti documenti riguardanti Pulsano.

Anno 1129: A San Giovanni Abate (detto tardivamente da Matera), pellegrino al Gargano, appaiono in visione la Madre di Dio e l’arcangelo S. Michele che gli indicano il colle di Pulsano come luogo dove costruire una chiesa. Seguito da sei discepoli, inizia la ricostruzione del monastero e della chiesa abbaziale di Pulsano adibendo la caverna ad abside e ponendo sopra l’altare un’immagine della Beata Vergine Maria di scuola bizantina: la Madre di Dio odigitria di Pulsano. Tale lavoro di ricostruzione, estremamente faticoso anche a causa della rimozione delle macerie, secondo la tradizione durò per un tempo di sette settimane. In pochi mesi il numero dei discepoli aumentò fino ad arrivare a cinquanta.

Secoli X-XI: Decadenza del monastero a causa delle distruzioni e dell’abbandono che seguono alle incursioni saracene nella regione.

20 dicembre 1997
Finalmente la speranza di molti fedeli è realizzata dalla potente intercessione della Santa Madre di Dio di Pulsano con l’ingresso della nuova comunità monastica di Pulsano, di diritto diocesano.

Anno 1177, domenica 30 gennaio: Ultimata la costruzione, la chiesa abbaziale è solennemente dedicata a gloria di Dio e della Semprevergine Maria, Regina del Cenobio pulsanese, da papa Alessandro III, pellegrino al Gargano, il quale consacra anche l’altare, sotto cui furono poste le spoglie mortali di S. Giovanni Abate, morto nel 1139.

Secoli XII-XIV: Sotto l’impulso dei due successori di S. Giovanni Abate, il beato Giordano e il beato Gioele, la nuova presenza monastica si organizza nella congregazione benedettina autonoma dei monaci pulsanesi, adottando la regola di S. Benedetto nella sua più rigida osservanza. Quest’Ordine – con ramo maschile e femminile – nato in seno al grande movimento di rinnovamento e riforma del monachesimo che ha dato vita ad altre grandi congregazioni come i Cistercensi, i Camaldolesi, i Certosini, i Virginiani, i Cavensi, ha un grande sviluppo arrivando a contare più di 40 monasteri in Basilicata, Abruzzo, Lazio e ancor più lontano: i più famosi sono stati i monasteri pulsanesi di S. Cecilia a Foggia, S. Pancrazio in Trastevere a Roma, San Michele di Guamo presso Lucca, Santa Maria Intemerata presso Firenze, San Michele degli Scalzi in Orticaria a Pisa, la chiesa di San Pietro di Vallebona presso Chieti, S. Jacopo del Podio presso Luni, i monasteri delle isole slave dell’Adriatico, Mljet e Hvar, dirimpettaie del Gargano.

Secolo XV: L’Ordine pulsanese si estingue sotto il pontificato di Martino V, nel 1426. I Pulsanesi superstiti, ripudiata la disciplina di S. Giovanni Abate, passano nelle varie congregazioni dell’Ordine benedettino, in specie Cistercense e Cavense. L’abbazia viene data in commenda: ovvero affidata ad un cardinale commendatario che da Roma ne amministra i beni più o meno disinteressatamente. In essa, e negli eremi circostanti, si alternano a vivere monaci cistercensi, frati francescani e domenicani e monaci celestini; tra questi ultimi è da ricordare il monaco garganico Ludovico Giordani (1682-1783) che da abate costruì due altari laterali nella chiesa abbaziale di Pulsano, oggi distrutti, e il monastero dei Celestini di Manfredonia.

Anno 1646: L’abbazia fu gravemente danneggiata da un violento terremoto che travolse l’archivio e la biblioteca.

Anno 1807: Dapprima Giuseppe Bonaparte con legge del 13 febbraio 1807 e poi Gioacchino Napoleone Murat con decreto del 7 agosto 1809 sopprimono definitivamente la presenza di un ordine monastico ed autorizzano i fittuari dei beni a ritenere in enfiteusi i pagamenti. L’abbazia poi passa al demanio dei Borboni. E’ da sottolineare che anche in assenza di un ordine religioso la presenza monastica di un eremita laico si è perpetuata fino ai giorni nostri; “l’ultimo monaco di Pulsano”, prima dell’attuale Comunità monastica oggi insediata, è stato Francesco Lo Russo, morto nel 1957.

Anno 1842: Il sacerdote di Monte S. Angelo N. Bisceglia riceve in enfiteusi dal demanio borbonico, con atto pubblico, il complesso monasteriale pulsanese per “sottrarlo all’abbandono e agli atti vandalici dei pastori e pecorai”, ad eccezione della chiesa abbaziale soggetta alla giurisdizione dell’ordinario diocesano. Successivamente le spoglie del venerando S. Giovanni Abate sono traslate nella cattedrale di Matera, sua città natale.

Anno 1966: Viene trafugata la pregevole icona della Madonna odigitria di Pulsano, non ancora ritrovata.

Anno 1969: Dopo la morte del sacerdote N. Quitadamo il complesso pulsanese è ereditato dai fratelli del defunto.

Anni 1980-1990: Il monastero eremo è teatro di saccheggio e di atti vandalici, segno di moderna barbarie. Degrado, trafugamenti, profanazioni, mancato intervento delle istituzioni e autorità competenti, disinteresse dei proprietari, rendono questo sito importantissimo e ricchissimo di spiritualità, storia, arte e cultura un emblematico caso di distruzione e abbandono del nostro patrimonio culturale e storico. Ma dal 1990 il Movimento Cristiani Pro Pulsano, formato da volontari laici di Manfredonia e Monte S. Angelo, dà l’avvio, tramite una solerte opera di sensibilizzazione, al ripristino dell’originario splendore dell’abbazia.

Anno 1997, 20 dicembre: Finalmente la speranza di molti fedeli è realizzata dalla potente intercessione della Santa Madre di Dio di Pulsano con l’ingresso della nuova comunità monastica di Pulsano, di diritto diocesano.