Domenica “DEL FARISEO E DEL PUBBLICANO”, XXX Dom. Tempo Ord. C

Lc 18,9-14; Sir 35,12-14.16-18; Sal 33; 2 Tm 4,6-8.16-18

 

 

Continua anche in questa domenica l’insegnamento sulla preghiera; nella parabola del fariseo e del pubblicano ci sono infatti due modi di dialogare con Dio, per meglio dire di concepire l’uomo e il suo rapporto con Dio. La preghiera del fariseo è un rendimento di grazie a Dio. Solo apparente però. In realtà è un pretesto per lodare se stesso e non Dio, compiacersi di sé per la mancanza di ogni peccato e per il merito delle buone opere, in forza delle quali si ritiene giustificato ed «esige» da Dio la ricompensa. La preghiera del fariseo non è preghiera, anzi è l’opposto.

Il pubblicano invece è «nella verità»: è consapevole della sua colpa e di non avere meriti davanti a Dio. Chiede grazia. La sua è vera preghiera.

Perciò dietro i due personaggi della parabola si può scorgere l’opposizione tra due tipi di giustizia: quella dell’uomo che ritiene di poterla realizzare col compimento perfetto della legge e quella che Dio concede al peccatore che si riconosce tale e che si converte.

Il tema paolino della giustificazione mediante la fede si trova già delineato in questa parabola. Paolo, l’araldo della giustificazione mediante la fede, è anche il grande testimone della vita nuova che sboccia dalla fede in Cristo. Ormai vecchio, in carcere, in attesa della condanna a morte, riflette sulla sua vita (seconda lettura). La sua esperienza di Cristo si conclude con un fallimento umano: tutti lo hanno abbandonato, nessuno in giudizio lo ha difeso. Ma egli ha «conservato la fede», ha gareggiato per Cristo ed è rimasto fedele fino alla mèta. La sua speranza lo conduce alla certezza della «ricompensa» che riceverà da Cristo per la sua vita di dedizione e di amore sull’esempio di Gesù.

Il cristiano è un uomo realmente giustificato mediante la fede in Gesù Cristo, in colui che è ad un tempo il dono sostanziale dei Padre e quell’uomo fra gli uomini che ha potuto costruire l’unica risposta umana gradita a Dio.

È questo il motivo per cui la fede in Gesù salva. Infatti Gesù inaugura nella sua persona il regno del Padre in cui si compie il destino dell’uomo. Per sé, come per i suoi fratelli, Gesù esige la rinuncia assoluta che implica la fedeltà alla condizione di creatura: la rinuncia è sino alla morte e, se necessario, sino alla morte in croce. È il salvatore del mondo che parla così.

Come può quest’uomo che ha spinto sino alle ultime conseguenze la rivelazione della condizione umana proclamarsi nello stesso tempo il salvatore dell’umanità? A questa domanda non c’è che una risposta: veramente quest’uomo è il Figlio di Dio; Dio ha tanto amato il mondo da dare per esso il suo Figlio unico; e nello stesso tempo egli è uomo tra gli uomini; la sua fedeltà di creatura è, per identità, una fedeltà filiale. La risposta attiva di questo uomo raggiunge perfettamente l’iniziativa divina a salvezza.

L’unione a Cristo ci rende capaci della stessa «fedeltà filiale» fino alla croce. L’uomo è «giustificato» perché la fede in Cristo gli dà accesso al Padre in qualità di figlio adottivo. La salvezza è dono divino, diventa nell’uomo sorgente di una attività filiale in cui si compie oltre ogni misura la fedeltà alla nuova legge dell’amore.

Oggi, per l’uomo, la sufficienza farisaica non è più l’osservanza di una legge, ma prende altri nomi. In molti c’è la convinzione che l’uomo possa salvarsi come uomo facendo appello unicamente alle sue risorse. L’uomo salva l’uomo mediante la scienza, la politica, l’arte…

È perciò più che mai necessario che i cristiani annuncino al mondo Cristo come Salvatore. La salvezza che egli porta non è antagonista della salvezza umana. Anzi la conduce a pienezza. Con la celebrazione dei sacramenti, in specie dell’Eucaristia, essi testimoniano la necessità dell’intervento divino sulla vita dell’uomo, si mettono sotto l’azione di Dio presente con il suo spirito e fanno l’esperienza privilegiata della giustificazione ottenuta mediante la fede in Gesù Cristo. Devono perciò essere continuamente vigilanti per non partecipare ai sacramenti con spirito farisaico.

 

Dall’eucologia:

 

Antifona d’Ingresso Sal 104,3-4

Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.

Cercate il Signore e la sua potenza,

cercate sempre il suo volto.

 

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