Domenica «DELLA SEQUELA DEL SIGNORE» XXIII del Tempo per l’Anno C

Lc 14,25-33; Sap 9,13-18b; Sal 89; Fm 9b-10.12-17

 

 

Mentre l’uomo peccatore tenta di realizzare la felicità cercando di evitare tutto ciò che fa soffrire e tenta di mettere tra parentesi la morte, puntando unicamente su ciò che può offrire la vita presente, il cristiano è invitato dalla fede a guardare in faccia questa vita col massimo realismo.

Attraverso la sofferenza ed anche la morte egli dà il suo apporto insostituibile alla riuscita dell’avventura umana. Se gli capita di conoscere la tristezza mentre il mondo gioisce, in realtà la sua tristezza è fecondità di vita. Egli sa che la morte è la via alla vita. Ma un tale progetto riesce soltanto nel seguire Gesù sotto l’impulso del suo Spirito.

Le due brevi parabole di Luca sono un severo avvertimento contro qualsiasi impegno superficiale.

Prima di intraprendere una costruzione o una guerra bisogna sedersi a tavolino per fare i calcoli.

La fede è qualcosa di radicale e bisogna chiedersi se si è pronti a tutto. È la scelta di un uomo maturo che valuta fino in fondo quanto il messaggio cristiano gli propone. Non è fede di convenienza, né desiderio di appartenenza sociologica. Quando la fede penetra tutti i nostri atti, lo Spirito Santo ci rende sempre più conformi all’immagine del Figlio di Dio, Gesù, in modo da vedere la storia come lui, giudicare come lui, scegliere e amare come lui, sperare come insegna lui, vivere in lui la comunione con il Padre e lo Spirito.

 

Dall’eucologia:

 

Antifona d’Ingresso Sal 118,137.124

Tu sei giusto, Signore, e sono retti i tuoi giudizi:

agisci con il tuo servo secondo il tuo amore.

L’antifona d’ingresso è dal Sal 118,137.124a Dsap., una lunga contemplazione delle divine realtà a partire dalla Parola, che induce l’Orante al supremo riconoscimento che esiste l’unico Giusto, il Signore suo (Sal 114,3), e che ogni suo Giudizio, l’intervento soccorritore che dà il bene ai giusti e punisce il male, è retto (18,9-10; Rom 7,12), immacolato. Perciò con epiclesi il Salmista chiede che il Signore suo si comporti sempre secondo la sua divina Misericordia. E con lui l’assemblea liturgica, i fedeli servi radunati dallo Spirito Santo per il rendimento di grazie, chiedono al Signore, mentre stanno per ascoltare dalla sua Parola, la sua Giustizia e la sua Rettitudine, e a ricevere la sua Misericordia.

 

Canto all’Evangelo Sal 118,135

Alleluia, alleluia.

Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo

e insegnami i tuoi decreti.

Alleluia.

 

Ancora dal Sal 118 (DSap.) il v. 135, che serve ad accentuare tematicamente la pericope evangelica, è la classica «epiclesi del Volto», la supplica epicletica per cui l’Orante chiede di essere anzitutto guardato dal Signore con Bontà favorevole, poi di essere illuminato dalla Luce che folgora come Vita dal divino Volto, metafora per indicare la divina Persona. Tale epiclesi è frequente nella Scrittura (Sal 4,7; 30,17; 66,2; 76,4.8.20; 88,16), perché proviene dal Signore, che ordina ai suoi sacerdoti di benedire il suo popolo, ponendolo così sotto la divina benedizione. Tra le sei richieste epicletiche di questa «benedizione sacerdotale» si parla del Volto:

 

Benedica te il Signore,

e ti custodisca!

Faccia sfolgorare il Volto suo su te,

e ti faccia grazia!

Alzi a te il Signore il Volto suo,

e ponga su te la pace! (Num 6,24-26).

 

La Luce divina così irraggiata sul fedele, chiede sempre l’Orante, insegni a lui i comportamenti di misericordia del Signore, la cui sapienza si annidi nel cuore di chi Lo teme.

Mentre continua il cammino di Gesù verso Gerusalemme dove «deve compiersi il suo esodo» al Padre (Lc 9,51) attraverso la Croce e la Resurrezione, Gesù seguita a insegnare e a operare prodigi. Gesù battezzato mostra nella sua persona la relazione vera, cioè secondo verità e nella Sapienza dello Spirito Santo, che si deve stabilire tra gli uomini e Dio. Chi conosce il tuo pensiero, Signore, se tu non concedi la sapienza e non invii il tuo Santo Spirito? (cf I lett v. 17).

Quanto fragile e inconsistente è la vita degli uomini che si mostra tragicamente fondata sulle disuguaglianze e sullo sfruttamento, condizionata da pregiudizi ed esprimente tutto l’egoismo e la volontà di dominio di cui il cuore umano è capace.

Alla preghiera di Salomone fa eco la preghiera del salmista «Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore sapiente» (cf Salmo responsoriale) e Dio stesso viene incontro alla nostra debolezza, donandoci la Sua Sapienza e nutrendoci con la Sua Grazia.

La speranza e la fede illuminano anche il quadro più tetro della miseria umana, impedendoci di cedere alla disperazione. La Sua Bontà e Misericordia ci permettono di gustare una gioia piena.

Nell’amore di Cristo ogni ostacolo è vinto per raggiungere l’unità con Lui e i fratelli, viene superata infatti ogni distinzione di classe o di razza tra gli uomini. Un esempio di questa trasformazione radicale avvenuta in Cristo ci viene offerta dalla lettera di Paolo a Filemone (II lett.). L’apostolo che interviene in favore dello schiavo Onesimo (in greco, “Utile”), non chiede una rivoluzione sociale; egli non intende abrogare dall’esterno le condizioni sociali e giuridiche del suo tempo (cf 1 Cor 7,20) ma vi immette lo spirito nuovo della fraternità e dell’uguaglianza in Cristo, che porterà necessariamente all’abrogazione della schiavitù.

I Padri della Chiesa, nella grande sapienza mistagogica, per far comprendere questa realtà utilizzavano l’immagine semplice ma efficacissima del cerchio: l’umanità, dicevano, è disposta come su un cerchio al cui centro vi è Dio; più gli uomini si sforzano di avvicinarsi al centro, verso Dio, più si avvicinano gli uni agli altri. Più gli uomini si allontanano da Dio più sono lontani tra di loro…

 

 

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