DOMENICA «DELLA VENUTA DEL FIGLIO DELL’UOMO NELLA GLORIA», XXXIII del Tempo per l’Anno B

Marco 13,24-32; Daniele 12,1-3; Salmo 15; Ebrei 10,11-14.18

 

 

Quale famiglia non ha vissuto, in circostanze drammatiche come ad esempio la guerra, l’attesa del ritorno di una persona cara, la fine della pandemia? Oggi la comunicazione è stata enormemente potenziata e facilitata ma è diminuita la soglia di paziente attesa per cui ci sconvolge molto più di ieri la mancanza di notizie. E come descrivere la gioia del suo arrivo improvviso, magari nel cuore della notte, dopo tanto tempo che non si aveva più nessuna notizia? Dopo i primi momenti di intensa emozione, ciascuno assapora la felicità di essere di nuovo insieme, mostrando ciò che aveva preparato nella speranza che venisse quell’ora. “Quando e come ritornerà?” ci si era chiesti mille volte nel lungo periodo dell’attesa.

Quando e come: due domande che la prima generazione cristiana ha continuato a porsi con insistenza a proposito del ritorno del Cristo. Già i discepoli avevano interrogato Gesù sulla distruzione del tempio, percepita come la conseguenza di un giudizio divino e come la fine di un mondo: «Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?» (Mc 13,4). Dopo l’ascensione e l’inizio delle prime persecuzioni, i cristiani riflettono sulle parole del Signore, accostandole ad alcune profezie dell’antico testamento. Quando verrà il figlio dell’uomo? Come Amos si era servito dell’immagine del canestro di frutta matura (Am 8,1-2) per annunciare l’approssimarsi della fine, così Marco utilizza l’immagine del fico che mette le foglie.

Come si arriverà alla fine? La tribolazione che la comunità sta attraversando prelude alla gloria. L’evangelista afferma che non è possibile conoscere la durata di questo intervallo di tempo, ma sottolinea che l’attesa del Cristo deve caratterizzare comunque tutta l’esistenza cristiana.

La vita futura non è futura, perché oggi si entra in essa. Oggi, purché riconosciamo che la storia umana, nonostante i suoi limiti, si apre sull’eternità attraverso la pasqua di Gesù, e purché, di fronte al vacillare di ciò che credevamo incrollabile, ci rimettiamo alle parole sicure di colui che non cessa di venirci incontro ogni giorno.

 

 

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