Luca 1,39-45; Michea 5,l-4a; Salmo 79; Ebrei 10,5-10
Una scena commovente, e tuttavia comune: due donne che aspettano un bambino si incontrano. Ma se pensiamo al posto che ciascuna di esse occupa nel disegno di Dio, questo incontro diventa uno straordinario e fecondo mistero. Nella visita di Maria ad Elisabetta, la Vita va incontro alla speranza umana. Il figlio di Maria, «le cui origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti» (Mi 5,2), incarnerà in mezzo agli uomini il Dio invisibile; il bambino di Elisabetta porterà al culmine l’attesa di Israele. La vita di Dio e la speranza degli uomini: quale incontro! Ci stupiremo di ciò che è detto, di ciò che avviene?
«Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore!»: in questo grido di Elisabetta si può cogliere un richiamo all’annunciazione attraverso cui Maria, ricoperta dall’ombra dello Spirito, è diventata la madre di Dio. La visitazione conclude e completa il messaggio dell’angelo. Ci troviamo di fronte al dinamismo dello Spirito che invade progressivamente i protagonisti dell’Evangelo dell’infanzia: Maria, che intraprende con entusiasmo il primo viaggio apostolico, per condividere la propria gioia con la cugina; Elisabetta, che si inchina di fronte a ciò che rappresenta colei che è venuta a farle visita, e la proclama benedetta fra tutte le donne; Giovanni, che già sussulta di gioia, inaugurando così il proprio ruolo di precursore. Piccoli segni che rivelano che, fin dal concepimento di Gesù, un fiume di vita dilaga irresistibile, impaziente di irrigare tutta la terra.
La stessa atmosfera evangelica si respira ancora oggi, quando i cristiani, sull’esempio di Maria e di Elisabetta, parlano fra loro, con semplicità di cuore, della presenza di Dio nella loro vita, quando celebrano nell’azione di grazie le meraviglie che il Signore ha compiuto per loro. Ogni volta, è la chiesa di Dio che nasce fra gli uomini, nel sussulto gioioso dello Spirito.
La Domenica è sempre il «Giorno del Signore Risorto», e quindi invariabilmente anche oggi che è contemplato come Colui che venne nella carne e conclude degnamente il breve ciclo delle Domeniche d’Avvento. E così a causa ed a partire dalla Resurrezione e dall’ultima Venuta del Signore nella Gloria, e in vista della Resurrezione, il Signore adesso è contemplato mentre nasce nella carne. La pienezza della Redenzione, la Resurrezione del Crocifisso con lo Spirito Santo, motiva ed esplicita 1’«inizio della Redenzione», come i Padri chiamavano il complesso che dall’Avvento al Natale all’Epifania al Battesimo e a Cana è la premessa dell’adempimento finale. Da adesso il Disegno divino sta per manifestarsi e sta per operare quanto ha decretato immutabilmente.
«Colui che viene» tuttavia venne dal Cielo, da Dio, come «nostra Giustizia». E poiché il Cielo si unì con la terra, venne anche dalla «Terra vergine», Maria, dalla cui inviolata verginità, dono divino, il Signore stesso si plasmò la carne del Figlio, come in antico aveva plasmato dalla terra vergine, infondendo all’argilla il suo Soffio divino (Gen 2,7). Questo linguaggio inaudito è significante in modo straordinario. È una sintesi mirabile di «teologia della storia», sulla rigorosa base della Bibbia, che i Padri (da S. Ireneo in poi) hanno splendidamente esposto e codificato. Anche l’invito liturgico dell’antifona d’ingresso va urgentemente recuperato:
Antifona d’Ingresso Is 45,8
Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada
e dalle nubi scenda a noi il Giusto;
si apra la terra e germogli il Salvatore.
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