Domenica “DELLE OPERE DI COLUI CHE VIENE”, III Domenica di Avvento A

Mt 11,2-11 (leggere 11,1-11); Is 35,1-6.8.10; Sal 145; Gc 5,7-10

 

Gioia del ritorno in patria, gioia per il recupero della sanità, gioia per la libertà riconquistata: ecco il frutto dell’intervento di Dio che salva (I lettura).

Dio vuole la felicità degli uomini, la loro riuscita. Per noi cristiani l’Evangelo, la Buona Novella della salvezza è un messaggio di gioia e di liberazione. In un mondo ricco di possibilità, ma nello stesso tempo in balìa delle contraddizioni e giudicato assurdo da certuni, i cristiani devono comunicare la gioia di cui vivono: una gioia straordinariamente realista e che esprime la certezza, fondata sulla vittoria di Cristo, che nonostante le difficoltà e le apparenti contraddizioni, l’avvenire dell’umanità si sta edificando.

La gioia di Dio è forza. La gioia della Chiesa nella sua condizione terrestre è la gioia del tempo di costruzione. La celebrazione eucaristica è il momento privilegiato in cui la comunità locale attinge alla sorgente della vera gioia.

L’attenzione piena di fede della Chiesa oggi si focalizza sul natale ormai vicino: è un gioioso evento di salvezza da celebrare con rinnovata esultanza (colletta). Perciò il testo di Paolo ai Filippesi (4, 4-5) invita con insistenza l’assemblea a gioire perché il Signore è vicino. Venga pertanto superata la sfiducia e si abbia coraggio, il nostro Dio viene a salvarci.

 

Dall’eucologia:

Antifona alla Comunione Is 35,4

Dite agli sfiduciati: «Coraggio non abbiate timore:

ecco, il nostro Dio viene a salvarci».

 

La gioia cristiana è dono di Dio, ma è un dono che passa attraverso il cuore dell’uomo: è una gioia divino-umana. Noi dovremmo darle continuamente un volto attraverso mille segni di attenzione e di servizio d’amore all’uomo. È l’unico modo di rendere credibile il fatto che la gioia vera scaturisce non dall’amore egoisticamente captativo, ma dall’amore vero, quello che ci ha portato Cristo con la sua venuta e il dono del suo Spirito. È l’amore che ci pone nel dinamismo dell’offerta della vita per i fratelli, come Gesù stesso ha fatto.

 

Antifona d’Ingresso Fil 4,4.5

Rallegratevi sempre nel Signore:

ve lo ripeto, rallegratevi,

il Signore è vicino.

È questa la Domenica detta tradizionalmente Gaudete, Gioite!, caratteristica anche per i paramenti sacerdotali «rosacei». L’Antifona d’ingresso che abbiamo letto è tratta dal capitolo finale dell’epistola ai Filippesi (4,4.5b).

Con il vocabolario della «gioia»che proviene dalla Resurrezione e dal conseguente Dono dello Spirito (cfr. ad es. Mt 28,8. la gioia grande delle donne fedeli recatesi al sepolcro; Gal 5,22-23: «il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace…»), Paolo esorta tutti i suoi fedeli a gioire nel «Kyrios», il Signore Risorto, in modo perenne e permanente. Non solo, ma lo ripete ancora, aggiungendovi il motivo: «gioite, il Signore è vicino», ossia «sta qui», è imminente per i suoi che lo attendono. Il testo come tale è indirizzato ovviamente al Natale prossimo; tuttavia, come si è detto, ha anche e soprattutto il senso escatologico indipendente da qualunque festività.

Il sacerdote esprime la gioia, oltre che nei paramenti, anche nella preghiera di I colletta:

 

Guarda, o Padre, il tuo popolo,

che attende con fede il Natale del Signore,

e fa che giunga a celebrare con rinnovata esultanza

il grande mistero della salvezza.

 

Così ben introdotti dalla liturgia è facilmente riconoscibile il tema che collega tra di loro le letture: «la venuta del Salvatore». Tale venuta, sottintesa nell’annunzio della fine dell’esilio (la lett), chiaramente espressa nell’Evangelo e ribadita dall’apostolo Giacomo (2a lett.), è caratterizzata dalla gioia.

Gioia che può essere però sperimentata soltanto dagli umili, disponibili alla salvezza di Dio; i superbi e i potenti del mondo non possono invece godere di questo bene messianico perché non sanno condividere l’amore di Dio che si dona. Il mondo facilmente conosce il piacere, non conosce la gioia; quella gioia vera che scaturisce soltanto dal rinnegamento dei nostri egoismi. La gioia cristiana è dono di Dio, ma è un dono che passa attraverso il cuore dell’uomo, un cuore che sa accogliere l’amore di Dio.

 

Canto all’Evangelo Is 61,1

Alleluia, alleluia.

Lo Spirito del Signore è sopra di me,

mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio.

Alleluia.

 

Questo celebre testo del Terzo Isaia (Is 56-66) usato nella Messa crismale e citato anche in Lc 4,18-19 (alla Domenica III per l’Anno, Ciclo C) preannuncia che lo Spirito del Signore riposerà sul Re messianico e lo “caratterizzerà” con l’unzione consacratoria per la sua divina missione, la redenzione universale che consiste anzitutto nell’annuncio dell’Evangelo della Grazia ai poveri, che da Dio ne hanno diritto, poiché «di essi è il Regno dei cieli» (Mt 5,3). Perciò il Re Messianico che viene con lo Spirito Santo è il Regno di Dio tra gli uomini (Mt 12,28; Lc 11,20). Un Regno che porta con sè come conseguenza per gli uomini il Giubileo biblico dello Spirito Santo, cioè la totale remissione dei peccati (Gv 20,19-23). Occorre anche qui ricordare che il duplice Alleluia, iniziale e finale, forma un’inclusione letteraria; cioè un imperativo innico perenne che saluta e acclama il Dono dello Spirito Santo del Padre sul Figlio, la massima opera dell’Economia divina.

 

 

Per scaricare il file AUDIO cliccare QUI

Per scaricare il file .doc cliccare in basso