Domenica «DELL’ULTIMO POSTO», XII del Tempo Ordinario C

Luca 14,1.7-14; Siracide 3,17-18.20.28-29; Salmo 67; Ebrei 12,18-19.22-24a

 

 

I “benestanti” e i saggi al tempo di Gesù si riunivano spesso in banchetti solenni, per discutere insieme di argomenti “seri”, a volte religiosi; ma quanto snobismo, quante parole inutili, nel corso di quei “the mondani e di quei cocktails!” Gesù accetta di partecipare a una di queste riunioni; ma parla di una virtù nuova, ignorata dai presenti e poco in relazione col protocollo: l’umiltà. Tutti quei benpensanti, venuti per assopirsi pacifici nell’ascoltare un’esposizione tranquillizzante, all’improvviso hanno un sussulto: Gesù chiede loro di modificare le loro liste di invitati e di convocare i miserabili, gli straccioni!

Nell’Evangelo di oggi troviamo un linguaggio religioso che suona male alle nostre orecchie di uomini del XXI secolo, il primo secolo del 3° millennio e di cui facciamo fatica a rintracciare l’autentico contenuto. In che senso se ne serve Gesù?

Oggi più di ieri la società si organizza e vive sulla competitività, sulla lotta ad oltranza per i primi posti, sul profitto, considerato come il valore ultimo ed assoluto: concorrenza industriale fino all’eliminazione della ditta avversaria; arrivismo sociale fatto di raccomandazioni e bustarelle, corsa alla macchina nuova o all’abito nuovo come modo di emergere.

Il giovane oggi si prepara ad inserirsi in questo tipo di società attraverso una educazione familiare e scolastica troppo spesso fondata su una educazione all’agonismo sociale, all’arrivismo. E grave il pericolo di una scuola che diventa luogo di selezione sociale massificando i più, relegandoli alla categoria di «inferiori» e facendo emergere i “meglio-dotati”. Un’educazione cristiana che non punti a fare l’uomo più umano, più capace di vera relazione con l’altro, ma invece più sicuro di sé, più aristocratico, più distaccato finisce per renderlo potenzialmente più egoista e sfruttatore. Per tutti, a qualunque grado della gerarchia sociale si trovino, scegliere l’ultimo posto significa usare il proprio posto per il servizio degli ultimi e non per il dominio su di loro. Se al banchetto della vita non si esita a farsi avanti a gomitate per accaparrarsi i posti migliori, ancora oggi Gesù ci ammonisce: “Nel regno si entra umiliandosi e cercando l’ultimo posto, non il primo”. Umiliarsi non significa però assumere un atteggiamento morboso di odio o di disprezzo di sé, e non significa neppure fuggire i contrasti e avere un comportamento servile per farsi accettare dagli altri. L’aggressività è una forza positiva che bisogna saper mettere a profitto. Non certo per affermare se stessi e dominare gli altri con la forza o con la seduzione: il meglio di noi stessi viene a galla soltanto in un rapporto di amore fatto di accoglienza e di dono.

La verità della parola di Gesù è suffragata dal fatto che egli stesso, con la sua incarnazione, ha lasciato il primo posto per prendere l’ultimo. Per questo «Dio l’ha esaltato al di sopra di ogni cosa» (Fil 2,9). Sconfiggendo il male per mezzo dell’amore, egli è così diventato l’uomo per gli altri, il Dio per gli uomini, il «Dio con noi».

Cristo ci rivela che la vittoria coincide con l’apparente sconfitta e la sua forza è in ciò che gli altri considerano una debolezza. Ci rivela che la vera ricchezza è nella povertà, la vera libertà sta nel rendersi schiavo, la vita si realizza nel perderla.

Cristo ha voluto rivelare che l’amore si compie quando, come lui, si dona la propria vita per la vita dell’altro, si è nella verità quando si giudica se stessi e la storia non sul metro del successo, ma sulla libertà raggiunta, sul futuro che l’uomo ha realizzato e conquistato, sul nuovo che ha costruito, sull’amore che si è diffuso (Evangelo).

Questa nuova sapienza che viene da Dio e dalla croce raduna gli uomini come ad una sola mensa, in una sola nazione, con una sola capitale; non intendono dominare né servirsi della sapienza umana per realizzare una comunione di valori; essi trovano nell’amore che si mette al servizio dell’uomo la speranza che spinge il mondo verso nuovi e più vasti confini (seconda lettura).

 

Dall’eucologia:

Antifona d’Ingresso Sal 85,3.5

Abbi pietà di me, Signore,

perché ti invoco tutto il giorno:

tu sei buono e pronto al perdono,

sei pieno di misericordia con chi ti invoca.

 

 

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