Lectio divina Domenica di «S. TOMMASO», II di Pasqua, Anno C

Gv 20,19-31; At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11a.12-13.17-19 (leggi 1,9-20)

 

«Abbiamo visto il Signore!». In assenza di Tommaso, il Risorto è apparso ai discepoli, ha mostrato loro i segni della sua passione, ha comunicato loro la pace messianica e, in una pentecoste anticipata, lo Spirito che, attraverso le loro mani, porterà a compimento l’opera della salvezza. Ma Tommaso, un uomo tutto d’un pezzo che non ha paura di non essere edificante, si impenna: «Se non vedo, non crederò!». L’apostolo Tommaso è un tipo onesto e franco. Dall’Evangelo traspare, a tratti, il suo carattere: non sarà facile portarlo ad accettare il rischio della fede. Lo sentiamo molto vicino a noi, col suo bisogno di cose reali e tangibili, con la sua diffidenza per l’ideologia staccata dal quotidiano. Il Signore capisce tutto questo, al punto che otto giorni dopo prende in parola Tommaso e va incontro alle sue esigenze: «Metti la mano nel mio costato, e credi…».

Quanto a noi, credenti di questo secolo, rimarremo tranquillamente nell’orbita liturgica della pasqua, accontentandoci di ripetere: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno?». L’esperienza di Tommaso deve diventare la nostra: dobbiamo aspirare a vedere la potenza della risurrezione manifestarsi nella nostra vita personale e collettiva; dobbiamo volere che la forza del Signore guarisca le ferite dei nostri fratelli, risvegli gli oppressi, strappi alla morte uomini e donne ancora sprofondati nel peccato.

Dobbiamo dare il nostro contributo. Perchè…

 

 

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