Letture patristiche Domenica «DELLA PARABOLA DEL FATTORE DISONESTO», XXV del Tempo per l’Anno C

Lc 16,1-13; Am 8,4-7; Sal 112; 1Tm 2,1-8

 

 

DISCORSO 113

SULLE PAROLE DEL VANGELO DI LC 16, 9:
“FATEVI DEGLI AMICI CON LA RICCHEZZA INGIUSTA” ECC.

di Sant’Agostino, vescovo (PL 38,648-652)

 

Chi sono gli amici che riceveranno in cielo i loro benefattori.

1.1 Dobbiamo rivolgere a voi gli ammonimenti che vengono fatti a noi stessi. Il passo del Vangelo letto poc’anzi ci esorta a farci degli amici con la ricchezza ingiusta, affinché anch’essi accolgano nelle tende eterne coloro che se li fanno amici. Chi sono coloro che avranno le tende eterne, se non i fedeli servi di Dio? E chi sono coloro che saranno accolti dai santi nelle tende eterne, se non coloro che rivolgono ogni cura alle loro necessità e con gioia somministrano loro ciò di cui hanno bisogno? Ricordiamoci dunque che nel giudizio universale il Signore, a quelli che staranno alla sua destra, dirà: Avevo fame e mi avete dato da mangiare, e tutto il resto che sapete. E poiché gli chiederanno quando mai gli resero mali servigi, egli risponderà: Quando li avete fatti a uno dei miei fratelli più piccoli, li avete fatti a me. Questi fratelli più piccoli sono coloro che li accoglieranno nelle tende eterne. Così dice a quelli che stanno alla sua destra, perché hanno praticato le opere di carità; così dice a quelli di sinistra, perché non le hanno volute praticare. Ma quelli di destra che le hanno praticate, che cosa hanno ricevuto, o meglio che cosa riceveranno?

Venite – dice – benedetti dal Padre mio, a prender possesso del regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo. Poiché io avevo fame e voi mi avete dato da mangiare. Quando avete fatto ciò a uno dei miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me. Chi sono dunque i fratelli più piccoli di Cristo? Sono coloro che hanno abbandonato ogni loro proprietà e lo hanno seguito e hanno distribuito ai poveri tutto ciò che avevano, per servire Dio liberi senza legami terreni e sollevare in alto le spalle munite, per così dire, di ali, liberate dai pesi mondani. Questi sono i più piccoli. Perché i più piccoli? Perché sono umili, perché non sono altezzosi, perché non sono superbi. Pesa questi che sono i più piccoli e riscontrerai un grave peso.

 

La ricchezza che puzza d’ingiustizia.

2. 2. Ma che significa la frase: essere amici mediante la “mammona ingiusta”. Che cosa è la “mammona ingiusta”? Innanzi tutto che significa “Mammona”? Questo infatti non è un vocabolo latino: è un termine ebraico, affine a quello della lingua punica. In realtà queste due lingue sono unite tra loro da una certa parentela di significato. Ciò che i punici dicono “mammona” in latino si dice “guadagno”. Ciò che gli ebrei chiamano “mammona” in latino si dice “ricchezza”. Per dire dunque tutto in latino, ecco che cosa dice nostro Signore Gesù Cristo: Fatevi degli amici con la ricchezza ingiusta. Alcuni, intendendo ciò a sproposito, rubano la roba altrui e ne danno un po’ ai poveri e credono di mettere in pratica il precetto che ci è stato dato. Poiché dicono: “Rubare i beni altrui è ricchezza ingiusta; darne qualcosa in elemosina, soprattutto ai servi di Dio bisognosi, è farsi degli amici con la ricchezza male acquistata”.

Questo modo d’intendere dev’essere corretto o meglio dev’essere cancellato assolutamente dalle tavole del vostro cuore. Non voglio che l’intendiate a questo modo. Dovete fare elemosine col ricavato delle vostre giuste fatiche; dovete dare prendendo dai beni che possedete con giustizia. Voi infatti non potrete corrompere Cristo, vostro giudice, in modo che non vi giudichi con i poveri, ai quali voi rubate. Supponiamo che tu, più forte e più potente, derubassi uno ch’è debole e questo si recasse con te da un giudice – un uomo qualunque su questa terra avente un certo qual potere di giudicare – e volesse dibattere la causa con te; supponiamo che tu donassi parte della rapina e della spoliazione subita da quel poveretto al giudice perché pronunciasse una sentenza a tuo favore; quel giudice piacerebbe forse anche a te?

Naturalmente egli ha pronunciato un giudizio a tuo favore, eppure è tanta la forza della giustizia che non lo approveresti neppure tu. Non ti rappresentare così Dio, non collocare nel tempio del tuo cuore una tale falsa immagine di Dio. Il tuo Dio non è tale, quale non devi essere nemmeno tu. Anche se tu non giudicassi ingiustamente ma giustamente, migliore di te è il tuo Dio; non è inferiore: è più giusto, è la sorgente della giustizia. Tutto il bene che hai fatto, lo hai preso da lui e tutto il bene che hai proferito con la parola, lo hai attinto da lui. Lodi il recipiente perché contiene un po’ d’acqua e oltraggi la sorgente?

Non dovete fare elemosine con il ricavato da denaro dato a interessi eccessivi e dall’usura. Lo dico ai fedeli, a coloro cui distribuiamo il corpo di Cristo. Abbiate paura, correggetevi, perché poi io non vi dica: “Sei tu che fai il male, sei proprio tu”. Credo inoltre che, se lo farò, non dovrete irritarvi con me, ma con voi, perché possiate correggervi. A questo si riferisce ciò ch’è detto nel salmo: Adiratevi ma non peccate.

Desidero che andiate in collera ma al fine di non peccare. Ma al fine di non peccare, con chi dovete adirarvi se non con voi stessi? Che cos’è infatti uno che si pente, se non uno che si adira con se stesso? Per ricevere il perdono, egli esige da se stesso il castigo, e giustamente dice a Dio: Distogli il tuo sguardo dai miei peccati, poiché io riconosco il mio peccato 6. Se tu lo riconosci, ti perdona anche lui. Voi che vi comportate così non fatelo più; non è lecito.