DOMENICA «DELLO SPIRITO E DEL FUOCO», III di Avvento C

Luca 3,10-18; Sofonia 3,14-18a; Cant. Is 12,2-6; Filippesi 4,4-7

 

 

 

Quando Luca scrive il suo Evangelo, parecchie decine di anni dopo l’ascensione, la Chiesa conferisce ormai il Battesimo cristiano nello Spirito, attraverso il ministero degli apostoli. Il racconto dell’Evangelista non manca certo di un fondamento storico, ma il suo interesse è rivolto in primo luogo alla storia della salvezza che continua nella comunità primitiva. Venuta meno l’attesa di una fine imminente, il richiamo del Battista alla conversione acquista un significato nuovo: gli uomini sono invitati a modificare la loro esistenza quotidiana, il loro modo di vivere nel presente.

Le folle che Luca descrive nel brano di oggi sono un popolo, una moltitudine di uomini di buona volontà, di ogni condizione e professione. Attenti alle parole del precursore, hanno compreso di dover cambiare qualcosa nella propria vita. Come loro, poniamoci anche noi la domanda: «Che cosa dobbiamo fare?». È il punto di partenza di ogni conversione: bisogna rinunciare alla propria sufficienza, riconoscere la necessità di essere folgorati da una parola che ci farà uscire da noi stessi. Ciascuno poi cercherà il modo migliore per compiere, nel proprio ambiente di vita e nella professione, i suoi doveri di giustizia sociale, di aiuto reciproco e di carità.

Ma queste folle che gettano un primo sguardo sulla propria vita e accettano di aprirsi, all’interno della realtà quotidiana, all’imprevisto di Dio, sono anche «un popolo in attesa». Deve arrivare qualcuno che porterà avanti nel loro cuore il cammino iniziato. Qualcuno! Anche oggi sorgono dei precursori, che preparano la via ponendo al nostro tempo le grandi domande a proposito della vita e della morte. Oggi come ieri, i profeti di Dio rimandano a un Altro, più forte di loro: Gesù Cristo, che continua a venire per battezzare ciascuno nel fuoco che deve bruciare la nostra paglia e nello Spirito che raccoglierà il grano maturo.

Questa Domenica (Cfr. colletta1) è tradizionalmente dedicata alla gioia nella maggior parte delle antiche liturgie; è la domenica del Gaudete, Rallegratevi!, come recita l’antifona d’ingresso tratta dal capitolo finale dell’epistola ai Filippesi (4,4.5b):

 

Rallegratevi sempre nel Signore:

ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino.

 

 

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