Lectio divina Domenica «del numero degli eletti», XXI del Tempo Ordinario C

Luca 13,22-30; Isaia 66,18-21 (leggi 66,18-24); Sal 116; Ebrei 12,5-7.11-13

 

«Sono pochi quelli che si salvano?» A tutti è capitato di porsi questa domanda, di fronte a certe esigenze della fede o al modo in cui venivano presentate, o pensando alla moltitudine degli uomini senza Dio, senza il Cristo. Accanto a una certa sensazione di angoscia, questo pensiero normalmente suscita in noi anche la convinzione di essere comunque dalla parte giusta, a differenza degli «altri». A meno che non sì lascino cadere le braccia, dicendo fra sé, con un certo fatalismo: «In ogni caso, qualunque cosa si faccia…».

Una cosa è certa: porre la questione teorica del numero dei salvati non serve a nulla. Che la porta della salvezza sia stretta, e che sia aperta ad alcuni e chiusa ad altri, lo sappiamo. Ciò che conta è agire, facendo coraggiosamente tutto ciò che è in nostro potere per arrivare ad entrarvi e restando vigilanti sino alla fine, perché non c’è prenotazione che ci garantisca, una volta per tutte, un posto nella sala del banchetto. Il Regno di Dio nella Scrittura è infatti spesso simboleggiato da un banchetto, un luogo d’incontro e di comunione. Ci è offerto, siamo invitati, ma ci dobbiamo andare. E un dono gratuito: ma deve essere accolto.

Il popolo d’Israele credeva, per la sua storia e per il suo passato, di essere privilegiato e di poter godere incondizionatamente di questo invito. Il profeta che legge in profondità gli avvenimenti, riconosce che il privilegio non è né incondizionato né esclusivo. Gli uomini stanno di fronte a Dio come un’unica e sola umanità. Dall’incontro con lui non è escluso nessun popolo, nessun uomo. Tutti sono fratelli perché un rapporto radicale li lega al medesimo Padre.

Il privilegio di Israele aveva questo significato:…

 

 

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