Marco 6,1-6; Ezechiele 2,2-5 (leggi 2,1-5); Salmo 122; 2 Corinti 12,7-10
Questa Domenica il Signore è contemplato in un altro episodio della sua Vita pubblica, ricordando sempre che dal Padre è battezzato con lo Spirito Santo e consacrato come Profeta per l’annuncio dell’Evangelo, come Re per compiere le opere della Carità del Regno, come Sacerdote per riportare tutti al culto al Padre suo, e come Sposo per acquistarsi la Sposa d’Amore e di Sangue. Adesso si presenta ad insegnare come Profeta e Maestro divino la Dottrina del Regno di Dio, ma nell’umana incomprensione e nell’aperto rigetto. Le letture di oggi mettono in forte risalto una costante nell’opera salvifica di Dio: la sua potenza si rivela pienamente nella debolezza.
Il profeta Ezechiele è inviato ad un popolo di ribelli e di peccatori, da solo contro gente indurita, dunque umanamente destinato al fallimento (I lett). L’accettazione dei propri limiti e della propria debolezza consente che si esprima, in tutta la sua forza, la potenza di Dio; quando l’apostolo Paolo è debole ed infermo, allora è veramente forte (II lett.). Gesù non viene accettato nella sua patria, perché…
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