Gv 1,6-8.19-28; Is 61,1-2a.10-11 (leggi 61,1-11); Cant. Lc 1; 1Ts 5,16-24 (leggi 5,16-28)
Domenica scorsa l’evangelista Marco aveva fatto coincidere l’inizio dell’Evangelo con l’apparizione di Giovanni il Battista, presentandolo in modo breve e sintetico (cf. Mc 1,1-8), senza insistere sui suoi insegnamenti, a differenza di Matteo e Luca (cf. Mt 3, 7-12; Lc 3,7-18). Per questo, nella terza domenica di Avvento, tradizionalmente dedicata al Battista, in questa annata B il lezionario ricorre al quarto Evangelo, che ci offre una presentazione “altra” del Battista. Il brano liturgico unisce tre versetti tratti dal prologo e una pericope riguardante la confessione del Battista circa la propria identità. Il precursore dell’annuncio di gioia ai poveri si autodefinisce «voce di uno che grida»; non è lui «la luce». Egli vuole «rendere testimonianza alla luce» (Evangelo). Il portatore della «Buona Novella» – il Cristo – sta già in mezzo ai suoi, eppure «non lo conoscono»; egli è la «Parola», è la «Luce» e non è ascoltato, non è visto. Egli sta in mezzo a noi e noi rischiamo di non riconoscerlo se ci limitiamo a vedere in lui l’eroe di un messianismo umano, il teorico di una fratellanza o di una felicità terrestre, il taumaturgo straordinario. Il segreto della personalità dell’Uomo-Dio rivela un’attenzione speciale ai poveri e agli umili che hanno fede e si abbandonano a Dio e sottolinea il capovolgimento che l’arrivo del «giorno del Signore» porterà con sé nelle strutture umane. L’intervento di Gesù nella storia genera attorno a sé un’atmosfera di entusiasmo e di gioia. Gesù è l’iniziatore definitivo di questa gioia che viene dall’alto e che è dono dei Padre: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi» (1 Gv 4,10).
Se tutto l’Avvento è tempo di gioia nell’attesa del Signore che viene, lo è particolarmente…
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