Gv 14,1-12; At 6,1-7; Sal 32; 1 Pt 2,4-9
La liturgia odierna ci presenta diversi aspetti della vita del popolo di Dio: gli Atti ci descrivono la soluzione di un problema della comunità; s. Pietro definisce la Chiesa come nuovo tempio; Gesù, nel brano evangelico, ci indica la meta («vado a prepararvi un posto») e insieme il cammino che dobbiamo percorrere («io sono la via»). La Chiesa, nata dalla Pasqua, è portata soprattutto in questo tempo a confrontarsi con l’Evangelo per scandagliare più a fondo la sua origine pasquale, il suo mistero e la sua missione.
Il vescovo Gregorio di Nissa definiva la vita cristiana un continuo ricominciare: un «andare di inizio in inizio attraverso inizi che non hanno mai fine». Ricominciare è una dinamica decisiva nella nostra vita. Di più, in questi giorni di passaggio ad una nuova fase della pandemia, ricominciare è diventato un imperativo, un’urgenza da parte di tutti e di ciascuno. L’impressione è che tutti dicano: “Vogliamo ricominciare”, ma in realtà questo si identifichi più con un ritorno a prima dell’epidemia che con il discernimento di ciò che è nocivo per la nostra convivenza. Dimenticare ciò che è successo, andare avanti e continuare a vivere senza aver maturato la consapevolezza che ricominciare significa tralasciare comportamenti e stili “malati”.
«Finché le ragioni economiche saranno più importanti di quelle della fraternità; finché il profitto conterà più delle perdite umane; finché le logiche di bassa politica prevarranno, non ci sarà possibilità di ricominciare. Ricominciare richiede una conversione, un cambiamento. Se non si diventa consapevoli della negatività di certi comportamenti, la corsa a un nuovo inizio rischia di essere uno slogan ingannevole, per indurre a continuare come prima» (Enzo Bianchi, La Repubblica, 4 maggio 2020).
Per il cristiano la condizione essenziale per andare avanti è…
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