Letture patristiche della «PARABOLA DEL SEME E DEL GRANELLINO DI SENAPE», XI Dom. del Tempo Ord. B

Marco 4,26-34; Ezechiele 17,22-24; Sal 91; 2 Corinti 5,6-10

 

 

 

 

  1. I tempi della semina e i tempi del bene

Il regno di Dio è come se un uomo getta un seme sulla terra e se ne va a dormire; lui va per i fatti suoi e il seme germina e cresce e lui non ne sa niente; la terra produce da sé prima l`erba, poi la spiga e poi il grano pieno nella spiga. Quando il frutto è maturo, l`uomo manda i mietitori, perché è tempo della messe (cf. Mc 4,26s).

L`uomo sparge il seme, quando concepisce nel cuore una buona intenzione. Il seme germoglia e cresce, e lui non lo sa, perché finché non è tempo di mietere il bene concepito continua a crescere. La terra fruttifica da sé, perché attraverso la grazia preveniente, la mente dell`uomo spontaneamente va verso il frutto dell`opera buona. La terra va a gradi: erba, spiga, frumento.

Produrre l`erba significa aver la debolezza degli inizi del bene. L`erba fa la spiga, quando la virtù avanza nel bene. Il frumento riempie la spiga, quando la virtù giunge alla robustezza e perfezione dell`opera buona.

Ma, quando il frutto è maturo, arriva la falce, perché è tempo di mietere. Infatti, Dio Onnipotente, fatto il frutto, manda la falce e miete la messe, perché quando ha condotto ciascuno di noi alla perfezione dell`opera, ne tronca la vita temporale, per portare il suo grano nei granai del cielo.

Sicché, quando concepiamo un buon desiderio, gettiamo il seme; quando cominciamo a far bene, siamo..

(Gregorio Magno, In Exod., II, 3, 5 s.)

 

 

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