Letture patristiche Domenica “DEL FARISEO E DEL PUBBLICANO”, XXX Dom. Tempo Ord. C

Lc 18,9-14; Sir 35,12-14.16-18; Sal 33; 2 Tm 4,6-8.16-18

 

Sii umile e avrai sciolto i legami del peccato

 

Ho descritto molte forme di penitenza per renderti facile l’accesso alla salvezza attraverso la varietà delle vie. Qual è dunque la terza via? L’umiltà: sii umile e avrai sciolto i legami del peccato. Anche di questo ci porta una prova la Scrittura nel racconto del pubblicano e del fariseo.

Salirono al tempio, dice, un fariseo e un pubblicano per pregare e il fariseo cominciò a elencare le sue virtù, lo non sono, disse,peccatore come gli altri,né come questo pubblicano. Misera e infelice anima: hai condannato tutto il mondo, perché hai contristato anche il tuo prossimo? Non ti bastava tutto il mondo senza voler condannare anche quel pubblicano?

E che fece il pubblicano? Adorò a capo chino con gli occhi fissi in terra, dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore», (Lc 18,13) e poiché si mostrò umile fu giustificato.

Quando dunque il fariseo uscì dal tempio aveva perduto la sua giustizia, il pubblicano invece l’aveva ottenuta: le sue parole furono più forti delle opere. Quello, nonostante le sue opere, perse la giustizia; questo invece con parole di umiltà la conquistò, benché la sua non fosse propriamente umiltà. Infatti è umiltà quando uno che è grande si fa piccolo; l’atteggiamento del pubblicano non fu umiltà, ma verità: erano! vere quelle parole, perché egli era peccatore.

Chi peggiore di un pubblicano? Cercava il suo vantaggio nelle disgrazie del prossimo, approfittava delle fatiche altrui e senza rispetto per le loro pene giungeva a procurarsi il guadagno. È dunque grandissimo il peccato del pubblicano. Perciò se il pubblicano, pur essendo peccatore, dando prova di umiltà ha ricevuto così gran dono, quanto maggiore potrà riceverlo chi sia virtuoso e umile? Se riconosci i tuoi peccati e sei umile, diventi giusto.

Desideri conoscere chi sia veramente umile? Guarda Paolo, Maestro delle nazioni, predicatore ricolmo dello Spirito, vaso d’elezione, porto tranquillo, che nonostante un fisico modesto girò tutto il mondo e lo percorse quasi avesse le ali: guarda con quanta umiltà e modestia egli si definisce inesperto e amante della sapienza, indigente e ricco.

Era umile quando diceva: «io sono l’infimo degli apostoli, e non sonò degno neppure di essere chiamato apostolo» (1 Cor 15,9): questa è la vera umiltà, abbassarsi in tutto e chiamarsi il più piccolo. Pensa chi era colui che pronunciava queste parole: Paolo, concittadino del cielo sebbene ancora rivestito del corpo, colonna della Chiesa, uomo celeste.

È tale infatti la potenza della virtù da trasformare l’uomo in angelo e far sì che l’anima, quasi avesse le ali, si protenda verso il cielo. Questa virtù c’insegni Paolo. Di questa virtù sforziamoci di diventare imitatori.

Om. 2,4-5. La penitenza» San Giovanni Crisostomo, vescovo)

 

 

  1. L`umiltà ottiene il perdono

 

Poiché la fede non è dei superbi, ma degli umili, “disse per alcuni che credevano di essere giusti e disprezzavano gli altri, questa parabola. Due uomini andarono al tempio a pregare; un fariseo e un pubblicano. Il fariseo diceva: Ti ringrazio, Dio, che non sono come tutti gli altri uomini” (Lc 18,9s). Avesse detto almeno: come molti uomini. Che cosa dice questo “tutti gli altri”, se non tutti, eccetto lui? Io, afferma, sono giusto; gli altri son tutti peccatori. “Non sono come tutti gli altri uomini, ingiusti, ladri, adulteri. Ed eccoti dalla vicinanza del pubblicano un motivo di orgogliosa esaltazione.

Dice, infatti: “Come questo pubblicano. Io sono solo, dice; questo è uno come tutti gli altri. Non sono come costui, per la mia giustizia, per cui non posso essere un cattivo, io. “Digiuno due volte la settimana, pago le decime su tutte le mie cose. Cerca nelle sue parole, che cosa abbia chiesto. Non trovi niente. Andò per pregare; ma non pregò Dio, lodò se stesso. Non gli bastò non pregare, lodò se stesso; e poi insultò quello che pregava davvero.

Il pubblicano se ne stava invece lontano; ma si avvicinava a Dio. Il suo rimorso lo allontanava, ma la pietà lo avvicinava. “Il pubblicano se ne stava lontano; ma il Signore lo aspettava da vicino. Il Signore sta in alto, ma guarda gli umili. Gli alti, come il fariseo, li guarda da lontano; li guarda da lontano, ma non li perdona. Senti meglio l`umiltà del pubblicano. Non gli basta di tenersi lontano; “neanche alzava gli occhi al cielo.

Per essere guardato, non guardava. Non osava alzare gli occhi; il rimorso lo abbassava, la speranza lo sollevava. Senti ancora: “Si percoteva il petto. Voleva espiare il peccato, perciò il Signore lo perdonava: “Si percuoteva il petto, dicendo: Signore, abbi compassione di me peccatore. Questa è preghiera. Che meraviglia che Dio lo perdoni, quando lui si riconosce peccatore? Hai sentito il contrasto tra il fariseo e il pubblicano, senti ora la sentenza; hai sentito il superbo accusatore, il reo umile, eccoti il giudice. “In verità vi dico. E` la Verità, Dio, il Giudice che parla.

In verità vi dico, quel pubblicano uscì dal tempio giustificato a differenza di quel fariseo. Dicci, Signore, il perché. Chiedi il perché? Eccotelo. “Percbè chi si esalta, sarà umiliato, e chi si umilia, sarà esaltato. Hai sentito la sentenza, guardati dal motivo; hai sentito la sentenza, guardati dalla superbia.

(Agostino, Sermo 115, 2)