Domenica di «COLUI CHE PORTA IL FUOCO SULLA TERRA», XX del Tempo Ordinario C

Luca 12,49-53; Geremia 38,4-6.8-10 (leggi 38,1-13); Sal 39; Ebrei 12,1-4

 

 

Le parole di Gesù sono di profondo impatto improntate come sono ad un crudo realismo: il suo regno creerà nuove divisioni. Chi lo accoglie non entra in uno stato di pace paradisiaca, ma prova dapprima in se stesso la guerra e la divisione. Il cristiano non può accettare l’ambiguità del compromesso, non può vivere il bene e il male, trovare un accordo tra il vero e il falso, non può affidarsi totalmente alle certezze umane, deve abbandonare continuamente la terra delle tranquille abitudini per l’incertezza di una terra che non possiede.

È cosa strana che la fede in Cristo crei nemici, ponga ostacoli. Questo è vero perché l’amore e la verità hanno nella Croce il loro prezzo e la loro verifica. Non c’è amore vero che non porti con sé la sofferenza, non c’è verità che non ferisca. Se l’amore è dono gratuito non può non essere distacco da se stessi. Se la verità è scoperta non può non essere un giudizio sulle nostre azioni, e un impegno per nuovi e più scomodi orizzonti.

Il profeta è colui che annuncia la verità profonda dei fatti. Poiché la realtà dei fatti è l’azione imprevedibile di Dio che muove verso la libertà, essa suscita sempre nell’uomo il dubbio, la paura del rischio, l’opposizione con cui l’orgoglio e il peccato si manifestano. Dalla verità nasce l’incertezza, perché l’uomo preferisce affidarsi alla sicurezza della prudenza umana piuttosto che abbandonarsi all’imprevedibilità di Dio. Geremia annuncia il piano di Dio ed è accusato di disfattismo (prima lettura). Ciò è vero anche per chi scende nello stadio per conquistare una vittoria. Il suo mettersi come concorrente sulla linea di partenza comporta una competitività, un gareggiare, una lotta, avere dei nemici. Nelle tribune c’è chi lo applaude e chi fa di tutto per scoraggiarlo (seconda lettura).

Scegliere Cristo in un mondo dominato dal peccato è farsi dei nemici. Il cristiano che si mette dalla parte di Cristo entra per ciò stesso nella mischia e nella lotta. Non si può considerare né è ritenuto un neutrale: per molti è un nemico, anche se egli vuol essere il «fratello universale».

La storia dell’umanità può far conto sulla volontà di comunione, di impegno, di collaborazione del cristiano, ma il suo progetto di liberazione, la sua utopia di un amore senza confini non possono non suscitare dissensi nella famiglia, fra gli amici, nella società, imporgli delle scelte che urteranno la tranquillità di molti. Questo è inevitabile perché è sui valori e sui significati che si gioca l’impegno e la vita, ed è su questi significati che si compie la comunione o sorgono le opposizioni.

Gli uomini si dividono in grandi universi geografici-culturali, in gruppi sociali e professionali, ma ciò che li distingue veramente e li oppone è la concezione che essi hanno del divenire umano, il modo di affrontare i gravi problemi che si impongono a tutti: l’ingiustizia, la libertà, le decisioni di priorità, le responsabilità sociali…

 

Dall’eucologia:

Antifona d’Ingresso Sal 83,10-11

O Dio, nostra difesa,

contempla il volto del tuo Cristo.

Per me un giorno nel tuo tempio,

è più che mille altrove.

 

 

 

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