Letture patristiche DOMENICA «DEL CIECO DI GERICO», XXX del Tempo Ordinario B

Marco 10,46-52; Geremia 31,7-9; Salmo 125; Ebrei 5,1-6

 

 

 

 

  1. Gesù ci indica il modo di seguirlo

 

Il nostro Redentore, prevedendo che gli animi dei suoi discepoli si sarebbero turbati a causa della sua Passione, predisse loro con molto anticipo sia lo strazio della Passione che la gloria della sua Risurrezione, affinché, vedendolo morente, così come era stato predetto, non avessero dubitato che sarebbe anche risorto. E siccome i discepoli erano ancora carnali e del tutto incapaci di comprendere le parole del mistero, il Signore operò un miracolo. Davanti ai loro occhi, un cieco riacquistò la vista, perché coloro che non capivano le parole dei misteri celesti per mezzo dei fatti celesti venissero consolidati nella fede. Però, fratelli carissimi, i miracoli del Signore e Salvatore nostro vanno considerati in modo tale da credere che non soltanto accaddero realmente, ma vogliono altresì insegnarci qualcosa con il loro simbolismo.

I gesti di Gesù, invero, oltre a provare la sua divina potenza, con il mistero insito in loro ci istruiscono. Noi non sappiamo in verità chi fosse quel cieco, però sappiamo cosa egli significa sul piano del mistero. Il cieco è simbolo di tutto il genere umano, estromesso dal paradiso terrestre nella persona del primo padre Adamo. Da allora, gli uomini non vedono più lo splendore della luce superna, e patiscono le afflizioni della loro condanna. E nondimeno, l`umanità è illuminata dalla presenza del suo Salvatore, sì da poter vedere – almeno nel desiderio – il gaudio della luce interiore, e dirigere così i passi delle buone opere sulla via della vita.

Una cosa è degna di nota a questo punto ed è il fatto che il cieco riacquista la vista allorché Gesù si avvicina a Gerico. Gerico sta per luna, e luna, secondo la Scrittura, indica le deficienze della umana natura. Il motivo è forse da ricercare nel fatto che essa va soggetta ogni mese a fenomeni di decrescenza, cosicché è stata designata quale espressione della fragilità della nostra carne mortale. Sta di fatto che mentre il nostro Autore si appressa a Gerico, il cieco riacquista la vista. Il che vuol dire che allorché il Signore assunse la debolezza della nostra natura, il genere umano riacquistò la luce che aveva perduto. La risposta al gesto di Dio, che incomincia a patire le umane debolezze, è il nuovo modo di essere dell`uomo, elevato ad altezze divine. Ecco perché, a buon diritto, il Vangelo dice che il cieco sedeva lungo la via a mendicare. Gesù, infatti, che è la Verità, afferma: “Io sono la via” (Gv 14,6)…

(Gregorio Magno, Hom. in Ev., 2, 1-5.8)