DOMENICA «DELLE PRIME VOCAZIONI», V del Tempo per l’Anno C

Luca 5,1-11; Isaia 6,l-2a.3-8 (leggi 6,1-8); Salmo 137; 1 Corinti 15,1-11

 

 

Sotto la brezza leggera che increspa il lago, due barche avanzano faticosamente verso la riva, colme fino all’orlo di pesci ancora palpitanti di vita. Dopo una notte trascorsa senza prendere nulla, la pesca è stata eccezionale: un segno di buon augurio per quel domani che il Signore annuncia ai futuri pescatori di uomini, pronti a lasciare tutto per seguirlo. Non a caso Luca accosta la chiamata dei primi discepoli all’episodio della pesca miracolosa. Sotto la sua penna, infatti, si intrecciano il passato del ministero di Gesù e il presente della missione della Chiesa. Ormai la luce della salvezza risplende sul mondo, e la comunità primitiva, nata nel vento impetuoso della pentecoste, porta avanti l’annuncio dell’Evangelo.

È come un’abbondante partita di pesca: dalla barca di Pietro, dove è presente, come aveva promesso, il Risorto continua la sua predicazione attraverso la voce di coloro che ha scelto e i discepoli, obbedendo alla sua parola, strappano alle profondità del mondo un’umanità sommersa.

«Prendi il largo e calate le reti!». Se Gesù manda i suoi a pesca di uomini, è perché essi per primi sono stati presi nella rete della sua parola. Si apre quindi davanti a loro l’avventura della fede: devono accettare il rischio di levare le ancore, di lasciare la sicurezza del porto per andare dove soffia lo Spirito, al di là di ciò che si può ragionevolmente prevedere. Dopo essere stati catturati, devono a loro volta diventare pescatori, senza temere la fatica, come veri apostoli; se mai, faranno segno ai compagni dell’altra barca – a noi – di andare ad aiutarli. In questi tempi di crisi, in cui è forte la tentazione di ripiegarsi su ciò che crediamo in pericolo, la fede deve essere più che mai audace, pronta a prendere il largo e a gettare le reti verso tutto quello che ancora attende di essere guadagnato al Cristo.

 

Dall’eucologia:

Antifona d’Ingresso Sal 94,6-7

Venite, adoriamo il Signore,

prostrati davanti a lui che ci ha fatti;

egli è il Signore nostro Dio.

 

Come l’orante del salmo, sacerdote e profeta, rivolgeva tale esortazione al popolo raccolto nel santuario ma ancora non pienamente consapevole della sua situazione, così oggi anche noi siamo invitati a venire alla presenza del Signore per adorarlo con amore e con gioia prostrati davanti al Creatore onnipotente.

La motivazione è semplice e primaria: poiché Egli è il Signore nostro Dio. Egli attende il suo popolo che deve attuare i contenuti salvifici ricevuti per il suo unico bene. Per questo il Signore ha ottenuto per noi lo Spirito Santo e ci vuole con sé per compiere la nostra vocazione: amare Lui e servire Lui “pescando con le reti Sue tutti i suoi figli dispersi”.

La vocazione, avvenimento personale legato ad un’esperienza di estrema intensità, non è estasi come distacco dal mondo ma è la presa di coscienza di una responsabilità verso gli uomini in forza di Dio.

 

 

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